giovedì 9 dicembre 2021

La croce di Gerusalemme, un enigma millenario: Cinque ferite nel simbolo della Città Santa, di Mordechay Lewy



La croce di Gerusalemme, un enigma millenario
Cinque ferite nel simbolo della Città Santa


di Mordechay Lewy
Ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede



 


Lo sguardo di quanti hanno potuto vedere gli altari delle grandi messe in occasione della visita del Papa in Israele è stato immancabilmente attratto dalla croce di Gerusalemme. Questo stemma sembra essere onnipresente. Da secoli lo si trova come emblema della Custodia francescana di Terra Santa. È anche lo stemma dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme. E pure il patriarcato latino di Gerusalemme utilizza questo simbolo.
Inoltre, la croce di Gerusalemme è una componente fissa della bandiera nazionale della Georgia, nonché degli stemmi dell'isola di Portorico e della città di Aix-en-Provence. Sia l'associazione cattolica Deutscher Verein vom Heiligen Lande sia l'associazione Evangelischer Jerusalemverein presso l'opera missionaria di Berlino la utilizzano.
È un simbolo che può essere usato a piacimento? Che significato ha e come è nato? La croce di Gerusalemme può essere facilmente riconosciuta dagli elementi che la compongono: una croce greca (con i bracci di lunghezza uguale) croce potenziata o croce maltese (croce patente), circondata da quattro piccole croci, una tra ciascuno dei quattro bracci. Con i suoi colori, in araldica questa croce rappresenta un'eccezione: oro su argento, due colori metallici che di solito non possono sovrapporsi.
Per il mio studio l'attributo importante però non è né il colore né la forma della croce. È invece il numero delle croci, che sono cinque (4+1), a dare a questo simbolo il suo significato.
La forma più antica della croce gerosolimitana appare nell'arte protocristiana. Già Franz Dölger ha rimandato agli stampi per le ostie giacobitici e nestoriani, che ha attribuito al V secolo. Queste prime forme di croce sono dette croci cosmiche. Sono prive di un riferimento diretto a Gerusalemme.
Con la cosiddetta chiave di san Servatio, sul cui ingegno è stata realizzata una croce gerosolimitana evoluta, ci troviamo però dinanzi a un enigma, da quando Viktor Elbern l'ha ricollegata a Gerusalemme. Questo reliquiario è stato realizzato nelle botteghe palatine di Aquisgrana nel IX secolo.
Tenendo conto della pretesa di Carlo Magno di essere il nuovo re David, il reliquiario potrebbe essere chiamato clavis David. Quest'opera d'arte, però, nel suo significato non si ricollega a Gerusalemme soltanto per il riferimento a re David. Gli annali dell'impero, infatti, parlano della legazione che Carlo ha inviato a Gerusalemme, dove il Patriarca le ha offerto dei doni. Tra questi vi era la chiave della città di Gerusalemme.
Ma questo riferimento ha avuto anche delle conseguenze sulla diffusione della croce gerosolimitana? Precisiamolo subito: no, non ha avuto conseguenze. Deve passare mezzo millennio prima che si possa nuovamente documentare una croce di Gerusalemme. Contrariamente all'immaginario popolare o alle rappresentazioni successive romantico-storicizzanti, l'intera epoca delle crociate fino al 1291 non conobbe neppure una croce di Gerusalemme.
Quella utilizzata dal regno di Gerusalemme era la "vera" croce, che aveva la forma di una croce patriarcale. La croce gerosolimitana riapparve all'inizio del XIV secolo in due contesti diversi. La prima apparve in un contesto escatologico, nel Giudizio Universale di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, del 1300. Qui, due angeli, a capo della Militia Christi celeste, reggono una bandiera con la croce di Gerusalemme.
Anche la Militia Christi dell'altare di Ghent, realizzato dai fratelli van Eyck nel 1426-1432, segue una bandiera dei cavalieri con la croce gerosolimitana.
Che questo riveli la speranza di riconquistare Gerusalemme appare evidente grazie a una miniatura presente in un manoscritto sulla crocifissione di Marino Sanudo, il Liber secretorum fidelium Crucis. Qui la croce di Gerusalemme appare su una nave che trasporta i crociati. Nel 1332 questo codice (Bruxelles kb, ms. 9404-05) venne donato dal suo autore al re francese Filippo vi, nella speranza che si ponesse a capo della crociata.
Il secondo contesto è numismatico-politico. La croce gerosolimitana è impressa su una moneta cipriota del reggente e usurpatore Amalrico di Lusignano, che negli anni 1306-1310 s'impossessò di Cipro. Adottando la croce di Gerusalemme, già approvata teologicamente, voleva contrastare le pretese angioine alla corona di Gerusalemme.
Per mancanza di spazio, possiamo solo accennare a questo contesto politico. La croce di Gerusalemme divenne un ambito attributo araldico di tutte le pretese al trono di Gerusalemme, reali e fittizie, dopo che nel 1291 i crociati persero anche l'ultimo avamposto. I casati di Lusignano a Cipro e Angiò a Napoli si contendevano la corona di Gerusalemme. In seguito, tutte le pretese delle dinastie europee dal XV al XX secolo ebbero solo carattere fittizio: Aragona, Valois, Venezia, Savoia, Lorena, Asburgo, Borboni di Spagna. Di conseguenza questi casati vantavano sul loro stemma la croce di Gerusalemme.
A noi, però, interessa soprattutto l'origine e il significato di questo simbolo enigmatico. Se dall'epoca carolingia manca una certa continuità, come si può spiegare l'apparizione della croce di Gerusalemme, soprattutto dopo la fine degli stati crociati? Le spiegazioni fornite finora vanno dall'adozione dell'acronimo ih i (IHerusalem e Iesus), allo sviluppo ulteriore della croce patriarcale fino alle tre croci sul Golgota. Per spiegare le quattro piccole croci sono stati indicati i diversi principati crociati o le diverse nazioni che hanno preso parte alle crociate. Recentemente, Giuseppe Ligati ha suggerito di far derivare la croce di Gerusalemme dai sigilli dell'imperatore latino di Costantinopoli.
L'enigmatica riapparizione della croce gerosolimitana nel XIV secolo esige però una nuova interpretazione, che vada oltre i tentativi fatti finora per trovare una spiegazione. Io proporrei di servirci dello spunto della storia dei simboli dato da Michel Pastoureau, e soprattutto di prestare attenzione a un fenomeno di cui si è tenuto poco conto. Si tratta del fenomeno dei simboli seminati, semée, e del loro significato araldico. Recentemente, Michel Pastoureau ha fatto notare che nella descrizione medievale delle immagini i simboli sparsi in modo esteso come i gigli, le stelle o le croci rappresentano la consistenza infinita del celeste-divino. La domanda è quindi: come veniva rappresentata in araldica l'infinità, tanto più che nelle prime descrizioni araldiche (blasoni) erano stati utilizzati a tal fine termini come semy, semée o crusellier? Pastoureau si è domandato anche come era stato possibile ridurre questi simboli seminati a un numero fisso e, così facendo, creare un emblema araldico universalmente riconosciuto.
Pastoureau ha analizzato l'apparizione del giglio al servizio della casa reale francese a partire dagli inizi dell'araldica nel XII secolo. Nel sigillo del 1211 il principe Luigi, in seguito divenuto re Luigi viii, è rappresentato come cavaliere con uno scudo con gigli seminati. L'infinità viene rappresentata da gigli incompleti al margine dello scudo.
All'epoca, il giglio era considerato simbolo di Maria, patrona di Francia. Ma nel corso del XIV secolo, all'esigenza di legittimazione dell'emergente dinastia dei Valois, a partire dal 1328, si risponde propagando l'origine divina dei gigli. Quando nel 1340 il re inglese Edoardo iii, nella foga della guerra dei cent'anni, fa valere la sua pretesa alla corona francese, divide in quattro il suo stemma e così su due partizioni appaiono i gigli seminati rivendicati dai francesi. Edoardo non eliminò i gigli dal suo stemma nemmeno dopo aver rinunciato alla corona francese nel 1360. Come contromossa, il re di Francia Carlo v, a partire dal 1365 circa, cercò di ridurre a tre i numerosi gigli del suo stemma. Si presume che volesse in tal modo contrastare l'utilizzo dei gigli da parte degli inglesi. Questa riduzione a tre venne motivata con il diffondersi della Trinità quale patrona della corona francese.
"(Le roi de France) porte les armes des trois fleurs de lys en signe de la benoîte Trinité"; così si espresse nel 1371-72 il traduttore francese Raoul de Presle nella sua prefazione alla Civitas Dei di sant'Agostino. Con questa motivazione teologica, che avvicinava la corona alla quasi divinità, non si ottenne soltanto una particolare legittimazione della dinastia francese dei Valois, ma venne anche approvata e stabilita in araldica la limitazione dello stemma a tre gigli.
Che cosa si può imparare da questo modello esplicativo del seminato ridotto di Pastoureau? Sulla base di un inventario delle rappresentazioni visive, si potrebbe seguire, dal punto di vista della storia dei simboli, lo sviluppo delle croci seminate ed esaminare quando, come emblema araldico, è stata ridotta la loro infinitezza e con quante croci è stato catalogato in araldica.
Forse, come per la Trinità, anche per il numero fissato delle croci si può trovare una motivazione teologica che lo legittimi. Non nel XII, ma solo nel XIII secolo troviamo le croci seminate nel contesto araldico, e più di frequente come stemma del re di Gerusalemme, Giovanni di Brienne (1210-1225).
La corona di Gerusalemme nel 1277 venne ceduta da una pretendente al trono, Maria di Antiochia, a Carlo i d'Angiò, che desiderava espandere a oriente il suo regno mediterraneo di Sicilia e di Napoli. Su una moneta da lui coniata quando s'impossessò della corona di Gerusalemme, appare nuovamente una croce seminata.
Ancora nel 1317, questa croce seminata venne utilizzata in un dipinto di Simone Martini per ricordare la pretesa angioina alla corona di Gerusalemme. La tavola rappresenta san Luigi, vescovo di Tolosa e fratello maggiore di Roberto d'Angiò, nell'atto di consegnare al fratello la corona del Regno di Napoli e di Gerusalemme. Lo stemma appare sia come fibbia sul mantello di Luigi, sia sulla parte posteriore dell'abito di Roberto.
Nel XIII secolo, dunque, la croce, a partire da Giovanni di Brienne - non sono escluse influenze bizantine - sembra essere lo stemma di coloro che reclamano il trono di Gerusalemme. Appare soprattutto nel regno angioino di Napoli, che così contendeva la corona di Gerusalemme alla dinastia cipriota dei Lusignano. Nel XIV secolo, e anche dopo, continua a riapparire nel contesto storico del regno di Gerusalemme. Si è pertanto consolidata l'erronea convinzione che i crociati a Gerusalemme avessero come stemma la croce di Gerusalemme seminata o piena.
Contemporaneamente, all'inizio del XIV secolo, nel contesto sia teologico sia politico la croce seminata subì una riduzione e venne limitata a quattro piccole croci attorno alla croce greca. Come si giunse a ciò? Il Giudizio universale di Giotto (1302-1305) e la moneta cipriota (1306-1310) fanno risalire la croce di Gerusalemme più o meno allo stesso periodo. Tuttavia, il contesto teologico sembra essere quello più importante.
A Cipro invece fu l'obbligo politico di minare le pretese degli Angiò di Napoli su Gerusalemme a fare accettare la croce di Gerusalemme con le croci ridotte a cinque. Nella motivazione teologica degli atti di culto, il simbolismo dei numeri svolge un ruolo importante.
Dall'abitudine del sacerdote di segnarsi cinque volte, dinanzi all'ostia consacrata, pronunciando le parole hostiam puram, hostiam sanctam, hostiam immaculatam, panem sanctum vitae aeternae, et calicem salutis perpetuae, all'inizio del XII secolo Roberto Tuitiense, nel suo De divinis Officiis (Patrologia Latina, 170, 43d-44a), così interpreta la consuetudine di mostrare l'ostia consacrata come un modo per ricordare le cinque piaghe fisiche di Cristo, cum intra verba praedicta, vel quinque crucis signacula, quinque dilecti sui plagas (...) fida tenet et contemplatur memoria.
Nel suo De sacro altaris mysticis (Patrologia Latina, 217, 887) Papa Innocenzo iii, conferma questo quintuplice segno della croce come memoria delle cinque piaghe. San Tommaso d'Aquino, verso la fine della sua vita, nel 1274, scrive di questo atto nella Summa Theologiae: Unde ad repraesentandum quinque plagas, fit quarto quintuplex crucesignatio super illa verba, hostiam puram. Nel XII secolo, quando l'araldica era ancora poco sviluppata, questa interpretazione simbolica delle cinque croci non poteva essere applicata alla croce di Gerusalemme, a quell'epoca caduta nell'oblio. Fu lasciato alle generazioni successive il compito di riprendere visivamente questa interpretazione.
Intorno al 1340, nella Züricher Wappenrolle (stemmario di Zurigo) appare un'indicazione eloquente. Lo stemma del regno di Gerusalemme è riportato come croce potenziata, sulla quale cinque chiodi (piaghe) sono disegnate in rosso.
Per quanto mi è noto, è questo il primo collegamento figurato esplicito dello stemma di Gerusalemme con la configurazione delle cinque piaghe. Da questo collegamento si potevano anche far derivare le quattro piccole croci tra i bracci. Un ulteriore sviluppo della riduzione teologicamente motivata della croce di Gerusalemme a cinque croci si osserva nel XV secolo, sulle vetrate di un convento francescano in Inghilterra (Coldingham), conservate nel Cloisters Museum di New York.
Su queste vetrate, le cinque piaghe di Gesù sono rappresentate come concetto araldico sviluppato, in una configurazione 1+4. Unendo le due configurazioni (lo stemmario di Zurigo e le vetrate di Coldingham), appare visivamente la motivazione teologica della configurazione della croce di Gerusalemme. A questo bisogna aggiungere che anche la rappresentazione figurata dell'Arma Christi nei primi decenni del XIV secolo è stata racchiusa in un concetto araldico.
Rispecchiava lo spirito dei tempi. Va notato che nello stesso periodo sia lo stemmario di Zurigo sia l'Arma Christi prevedono un solo chiodo per entrambe le gambe, poiché nelle raffigurazioni occidentali questa posizione delle gambe nella crocifissione si è imposta a partire dall'inizio del XIV secolo.
L'idea diffusa dai francescani secondo cui le cinque stigmate di Francesco corrispondevano alle cinque piaghe di Gesù venne trasmessa visivamente soprattutto attraverso opere commissionate ai pittori italiani più abili. La divulgazione, da parte dei francescani, della simbologia delle cinque piaghe, acquistò un ulteriore significato quando questo Ordine poté riportare la presenza latina in Terra Santa. Nel 1342, Papa Clemente vi affidò loro la responsabilità dell'assistenza ai pellegrini latini. Fu questo uno stimolo in più per reclamare la croce di Gerusalemme come croce delle cinque piaghe di Gesù (e quindi indirettamente delle cinque stigmate).
Nel XV secolo, i francescani della Custodia di Terra Santa iniziarono a monopolizzare la croce di Gerusalemme per il pellegrinaggio dall'Europa. L'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, da loro promosso, araldicamente veniva onorato con il conferimento della croce di Gerusalemme. La prima testimonianza dell'utilizzo della croce di Gerusalemme come simbolo che identificava chi si era recato in pellegrinaggio a Gerusalemme è un epitaffio di Heinrich Ketzel, di Norimberga, che compì il pellegrinaggio nel 1389. L'epitaffio venne realizzato solo nel 1454 ed è ancora oggi visibile sul muro esterno della chiesa di San Sebaldo a Norimberga.
All'inizio fu importante per i francescani avere la prerogativa di conferire il titolo di cavaliere del Santo Sepolcro. Questa prerogativa venne loro confermata da una lettera del Papa nel 1525. Il simbolo veniva cucito sull'abito dei pellegrini. I membri delle fraternità gerosolimitane esibivano con orgoglio le collane con la croce in metallo che riportavano da Gerusalemme.
A partire dal XVII secolo, la croce gerosolimitana venne addirittura tatuata sulla pelle dei pellegrini, affinché al ritorno in patria potessero portare con sé per tutta la vita il ricordo del pellegrinaggio.
Accanto al ramo di palma utilizzato a partire dall'inizio del Medioevo (palmario era sinonimo di pellegrino a Gerusalemme) nel XVI-XVII secolo la croce gerosolimitana divenne l'attributo principale del pellegrinaggio in Terra Santa.
Nel XVI secolo, i francescani in Terra Santa si appropriarono della croce di Gerusalemme per farne un uso ufficiale. Nel sigillo ovale del 1581 del Guardiano del Monte Sion a Gerusalemme, nella punta superiore (a sinistra), si riconosce la croce di Gerusalemme. La croce gerosolimitana venne utilizzata anche nella sua insegna notarile nel 1599 (a destra).
Nel XVII secolo, grazie allo studioso francescano Francesco Quaresmius venne promossa in modo particolare la devozione delle cinque piaghe di Gesù. Francesco Quaresmius evidenziò l'unicità del suo Ordine, sottolineando il collegamento tra le cinque piaghe di Gesù e le cinque stigmate del fondatore dell'Ordine, san Francesco. Quaresmius introdusse un'importante aggiunta nello stemma della Custodia di Terra Santa: nello stemma apparvero le braccia incrociate di Gesù e di Francesco. Questo emblema è scolpito ancora oggi sugli immobili di proprietà della Custodia a Gerusalemme e nei suoi dintorni.
Il predominio dei francescani nell'ambito dei pellegrinaggi a Gerusalemme fu interrotto nel 1847 con la disposizione pontificia d'istituire un patriarcato latino a Gerusalemme. I francescani persero anche la prerogativa del conferimento del cavalierato. Nel 1868 l'ordine equestre venne riorganizzato e riconosciuto dal Papa. La sua massima istanza, il Gran Maestro, un cardinale nominato dal Papa e residente a Roma, nomina anche i cavalieri. Il simbolo della croce di Gerusalemme diffuso dai francescani, ha nel frattempo sviluppato una vita propria. Il merito di averne fatto lo stemma dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, però, in realtà dovrebbe essere attribuito alla Custodia di Terra Santa.




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domenica 4 aprile 2021

Pasqua 2021: omelia di S. B. Mons. Pierbattista Pizzaballa

 


Domenica di Pasqua 2021

Fratelli e sorelle carissimi,

Cristo è risorto, alleluia!

Eccoci ancora una volta riuniti qui per concludere questa nostra Settimana di preghiera e celebrazione. Siamo giunti di nuovo qui al Sepolcro per annunciare con forza e con gioia che Cristo è risorto, che la morte non ha più potere su di Lui e su ciascuno di noi.

La celebrazione è iniziata con il canto dell’antifona: “sono risorto e sono ancora con voi, alleluia”. È il grido di gioia della Chiesa dopo i giorni di dolore e sofferenza della passione, morte e sepoltura del Signore. Queste parole, tratte dal Salmo 139, sono poste sulle labbra di Gesù, uscito glorioso da questa tomba dopo che il Padre lo ha risuscitato dalla morte. Ma sono anche parole che possono essere ripetute da ognuno di noi riuniti in questo che è il più Santo dei Luoghi, perché in Cristo Risorto siamo rinati dal peccato e dalla morte alla grazia e alla vita, e perché sappiamo che Cristo è risorto dai morti e non morirà mai più. La morte non ha più potere su di Lui (Rom 6,9). In questo giorno fatto dal Signore (Sl 118,24), il primo giorno della settimana, ci siamo riuniti per testimoniare l'avvenimento della Risurrezione e per proclamare che Cristo Risorto rimarrà sempre con noi.

Il Vangelo di Pasqua è ricco di verbi significativi, ma uno prevale su tutti: vedere. È tutto un “vedere” a Pasqua... Maria vide la pietra ribaltata (20,1), Pietro vide i teli (20,5), Giovanni vide la tomba vuota.... (20,4). Non trovano il corpo, ma vedono... E il vedere si approfondisce sempre più fino a gridare: “Abbiamo visto il Signore!” (20,25).

“E vide e credette ...” (20,8): credere è un modo di vedere in profondità, di riconoscere che l’assenza del corpo di Gesù non parla di un furto, ma di una vita nuova che è accaduta; Giovanni vede un vuoto, e crede che questo vuoto è in realtà una pienezza.

Ed è ciò che, oggi, ciascuno di noi è chiamato a fare: entrare nei luoghi della morte, e stare lì, sul limite del sepolcro, per vedere e per credere che nonostante la morte continui a fare paura, in realtà non ha più potere.

Siamo persone chiamate ad abitare sulla soglia del sepolcro, come a tenere aperta una frontiera, un passaggio, a vivere in continuazione questo movimento dalla morte alla vita: vedere che i segni della morte sono ancora presenti, in noi e fuori di noi, ma credere a questa novità grande e assoluta, di un “più Forte” venuto nel mondo per sconfiggere quel nemico che l’uomo, da solo, non avrebbe mai nemmeno potuto affrontare.

Ecco, credo che Pasqua sia questo, soprattutto questo: non corpi ritrovati, ma occhi che si aprono... Pasqua è uno sguardo più che un ritrovamento, è un modo di vedere nuovo, più che un ritrovare le cose di prima, le cose di sempre.

In questo anno trascorso, in larga parte del mondo, abbiamo soprattutto contato contagi, malati, morti e, probabilmente, siamo un po’ tutti come Maria di Magdala: tentati di correre all’indietro, per ritrovare i corpi che abbiamo perso, le occasioni mancate, le feste rinviate, la vita che è sembrata sfuggirci. Sogniamo tutti un ritorno alla normalità che potrebbe però somigliare tanto a voler ritrovare un cadavere, un mondo e una vita malata, segnata dalla morte.

In questo Luogo, proprio QUI, risuona invece la voce misteriosa del Risorto che orienta il nostro cercare e riapre i nostri occhi, rendendoli capaci di vedere nel vuoto. E così, noi che vorremmo ritrovare quanto perduto, ci riscopriamo capaci di vedere la grande novità della Pasqua, se diamo ascolto a quella Voce, che ci parla di un futuro sconosciuto ma possibile, che ci rimanda non indietro, ma al Padre e ai fratelli (cf Mt 28,10), che ci spinge ad andare, non a tornare.

Pasqua è scommettere sull’impossibile di Dio piuttosto che sul possibile degli uomini. Pasqua è vedere il vuoto, guardare i segni della passione e scorgervi la premessa e la promessa di una Vita nuova e straordinaria, non perché siamo sognatori ma perché crediamo in Dio, Signore dell’impossibile.

Penso che questo mondo stanco, ferito, stremato dalla pandemia e da tante situazioni di paura, morte e dolore, logorato da troppe ricerche vane, che trova sempre meno ciò che cerca, abbia più che mai bisogno di una Chiesa dagli occhi aperti, dallo sguardo Pasquale, che sa scorgere le tracce della Vita anche tra i segni della morte. Qui insieme a Cristo, può e deve risorgere una Chiesa chiamata per nome dal Signore, che corre ad annunciare con gioia di averLo visto nei tanti volti e nelle tante storie di bellezza, di bontà e di santità che hanno consolato e consolano il suo cammino.

Dalla Pasqua può e deve ripartire una Chiesa che, umilmente fiera della vittoria del suo Signore, osa proporre la gioia del Vangelo a tutti, per ridisegnare un mondo e una storia di nuovi rapporti di giustizia e di fraternità. Cristo non è un cadavere, la Sua parola non è lettera morta, il Suo regno non è un sogno infranto, il Suo comandamento non è superato: Egli è la Vita, la nostra vita, la vita della Chiesa e del mondo. Egli è la Verità, la nostra verità, la verità della Chiesa scartata spesso dai potenti, ma pietra angolare di ogni costruzione che voglia sfidare le tempeste. Egli è la Via, la nostra via, la via della Chiesa, che passa certo dal Calvario ma giunge infallibilmente alla pienezza della gioia. Con tutta la Chiesa vogliamo qui vivere di questa Vita, annunciare questa Verità, camminare per questa Via. Dovremmo avere il coraggio di essere discepoli dell’impossibile, capaci di vedere il mondo con uno sguardo redento dall’incontro con il Risorto, e credere con la fede solida di chi ha sperimentato l’incontro con la Vita. Nulla è impossibile per chi ha fede.

Ecco cosa mi sento di dire a questa nostra Chiesa: coraggio! Nulla è impossibile, smettiamo di ripiegarci sulle nostre ferite, di cercare il Vivente tra i morti, di guardare indietro, al nostro passato, a quello che eravamo, a quanto abbiamo perduto. Non troveremo lì il Risorto, non è quella la nostra Pasqua!

Sentiremo in questi giorni risuonare per le nostre strade il saluto tipico di questi giorni: Cristo è risorto, è veramente risorto!

Non sia solo un saluto, ma il nostro annuncio di persone, di Chiesa che sa testimoniare con convinzione e certezza che ogni morte, ogni dolore, ogni fatica, ogni lacrima può essere trasformata in vita. E che c’è speranza. C’è sempre speranza.

Auguro allora a ciascuno di noi, alla nostra Chiesa e alla nostra città di vivere sempre alla luce del Risorto che dona gioia e vita a chiunque la voglia ricevere.

Buona Pasqua!

Gerusalemme, 4 aprile 2021

†Pierbattista Pizzaballa
Patriarca di Gerusalemme dei Latini


Fonte: Patriarcato latino di Gerusalemme (lpj.org)



giovedì 4 marzo 2021

Canonici regolari del Santo Sepolcro di Gerusalemme



Canonici regolari del Santo Sepolcro di Gerusalemme
Ordo Canonicorum Regularium Custodum Sacrosant Sepulchri Domini Hierosolymitani


 

Stemma dell’Ordine Canonicale del Santo Sepolcro

L'Ordine canonicale regolare del Santo Sepolcro, detto anche dei Canonici del Santo Sepolcro o Congregazione del Santo Sepolcro è un ordine religioso di canonici regolari creato da Goffredo di Buglione dopo la presa di Gerusalemme nel 1099. Seguendo la Regola di sant'Agostino, questo Ordine aveva la funzione non solo di proteggere il Santo Sepolcro ma anche di occuparsi della vita liturgica del santuario. Con l'estensione delle conquiste in Terra Santa, l'Ordine si sviluppò estendendo la propria missione per proteggere i luoghi santi in tutto il Regno di Gerusalemme. Nel preambolo del nuovo statuto dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, approvato da Papa Francesco in data 11 maggio 2020, è scritto che le proprie radici storiche affondano nell’istituzione dell'Ordine canonicale regolare del Santo Sepolcro , a differenza di quanto hanno sostenuto erroneamente alcuni storici moderni, che avevano negato tale legame.
Con la perdita degli Stati latini di Oriente, l'Ordine si trasferì in Europa. Nel 1489, papa Innocenzo VIII decise la soppressione dell'Ordine canonicale e la sua incorporazione nell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, che avvenne solo per la compagine italiana dello stesso. Le Bolle di Pontfici quali Alessandro VI (1496), Leone X (1516) e Benedetto XIV (1746) permisero ai Canonici del Santo Sepolcro di continuare ad esistere: in Francia si presume siano stati presenti fino al periodo della Rivoluzione francese nel 1789, in Polonia fino a quando il monastero di Neisse fu sciolto nel 1810 ed il monastero principale di Miechów subì la medesima sorte nel 1819, e in Spagna fino al XIX secolo.


Il capitolo del Santo Sepolcro in Terra Santa

Il capitolo secolare (1099-1114)

Al termine dell'Assedio di Gerusalemme, durante la Prima crociata, i crociati non riuscirono a rintracciare il Patriarca della Città Santa, Simeone II. La sua cattedrale, la Chiesa del Santo Sepolcro, era quindi disponibile per l'installazione di un patriarca latino, posto per il quale l'11 agosto 1099 venne nominato, dopo alcune difficoltà, il fiammingo Arnolfo di Roeux, il quale però non poté essere consacrato ufficialmente perché fu subito rilevato che egli era ineleggibile secondo il diritto canonico non essendo ancora un diacono. Secondo Alberto di Aquisgrana, Fulcherio di Chartres e Guglielmo di Tiro, fu quindi proprio Goffredo di Buglione, non appena venne designato Difensore del Santo Sepolcro, a decidere di installare un capitolo di venti Fratres Cruciferi DominicSepulchri Hierosolymitanii”, ncaricati di assicurare la Liturgia delle ore e la celebrazione della messa in questa chiesa, oltre che di assistere il Patriarca nei suoi compiti spirituali e materiali.
Questa fondazione si inscrive nel movimento di riforma gregoriana che si sviluppò in Occidente nell'XI secolo, e nella linea del Sinodo lateranense del 1059. Se quest'ultimo raccomandava la scelta, per i capitoli, di un'organizzazione regolare, vale a dire la pratica di una vita integralmente in comunità e il voto di povertà per i suoi membri, sembra che quello istituito a Gerusalemme preferì un'organizzazione secolare, vale a dire con una vita di comunità ridotta e il mantenimento della proprietà individuale per ciascun canonico.
Difatti, al fine di consentire a questi canonici di garantire la propria sussistenza, Goffredo di Buglione costituì per loro importanti prebende e offrì loro delle belle dimore accanto al Santo Sepolcro. Oltre a questa dotazione del sovrano, i canonici beneficiavano anche delle offerte fatte dai fedeli. Una di queste offerte, che doveva essere condivisa tra i canonici, l'Ospedale, il re Baldovino I e il patriarca Dagoberto, ma che quest’ultimo aveva trattenuto, causò una disputa che portò al suo allontanamento nel 1102.
Nel 1103, il nuovo patriarca Ebremaro riformò l'assegnazione delle prebende ai canonici, rafforzando ulteriormente il carattere secolare del capitolo. I beni precedentemente comuni vennero trasformati in diversi benefici individuali, che vennero attribuiti a ciascun canonico in base alla sua dignità e alle sue funzioni. Questa riforma portò a una disparità di trattamento tra i canonici: difatti, alcuni si ritrovarono nell'opulenza mentre altri furono costretti a vivere in povertà. Negli anni che seguirono, questa situazione divenne così marcata che, nel 1112, il patriarca Gibelino di Sabran, su consiglio di Arnolfo di Roeux, esortò i canonici a essere fedeli alla vita comunitaria, analogamente a come vissuta dai capitoli di altre Chiese, e chiese a Baldovino I di obbligarli in tal senso.
Nel 1110, un canonico del Santo Sepolcro, chiamato Aschétin o Anselin, divenne per intervento reale il primo vescovo della diocesi di Betlemme.

Il capitolo regolare (1114-1291)

Poco dopo la morte di Gibelino nell'aprile del 1112, Arnolfo di Roeux divenne ufficialmente Patriarca di Gerusalemme. Fu lui a riformare il capitolo del Santo Sepolcro nel 1114, imponendo ai canonici di seguire pienamente la regola di Sant'Agostino, e più precisamente la Regula tertia. Si trattò di un cambiamento importante, di entità superiore a quello di una semplice riforma: il privilegio pubblicato da Arnolfo ha per titolo Transmutatio canonicorum secularium in regulares, «Trasformazione dei canonici secolari in regolari», e usa il termine renovatio, che implica un ritorno alla purezza originale. In questo stesso privilegio si affermava che il patriarca agiva con l'approvazione di Baldovino I e con l'approvazione del Papa e, il 6 luglio 1122, Callisto II pubblicò effettivamente una bolla nella quale confermò questa trasformazione.
Guglielmo di Tiro, che non apprezzava Arnolfo, riferisce che lo scopo di questa riforma era quello di sostituire i ricchi canonici nominati da Goffredo di Buglione con canonici regolari di modesta origine, requisendo le loro proprietà. La realtà sembra però essere meno desolante perché, nonostante la cattiva reputazione di Arnolfo, la sua azione mirava principalmente a riformare i costumi corrotti dei canonici secolari. In effetti, essa si inserisce bene nel quadro della riforma gregoriana, così come la storia del capitolo di Gerusalemme, con i suoi abusi e le sue riforme, il suo passaggio da secolare a regolare e fino ai termini usati nei testi, rispecchia l'evoluzione dei capitoli di canonici in Occidente nell'XI e XII secolo.
I canonici regolari erano obbligati al voto di povertà individuale e alla vita comune, anche per il sonno e i pasti. Al fine di garantire le entrate del capitolo, Arnolfo concesse loro una dotazione composta da metà delle offerte fatte al Santo Sepolcro, due terzi della cera offerta per l'illuminazione, tutte le offerte fatte alla Vera Croce – eccetto il Venerdì Santo e nelle volte in cui essa era affidata alle cure del patriarca – le decime riscosse a Gerusalemme e nei dintorni, metà del beneficio dato da Baldovino I alla creazione della diocesi di Betlemme e delle chiese di San Pietro a Giaffa e San Lazzaro. Il luogo di vita dei canonici, chiamato “Moustier (Monastero) del Sepolcro", è addossato al lato sud-ovest della Chiesa del Santo Sepolcro. Potevano accedervi attraverso una porta situata nella Cappella cosiddetta "dei Franchi", accanto a quella del Calvario. Questo convento comprendeva refettorio, dormitorio, sala del capitolo, cantina, cucina e altri spazi comuni, tutti organizzati attorno a un chiostro; questi edifici sono tuttora esistenti e sono occupati dai monaci copti ed etiopi.
Numerosi membri del Capitolo del Santo Sepolcro ottennero alti uffici ecclesiastici nel Regno di Gerusalemme. Tre di loro vennero nominati patriarchi: Guglielmo di Malines nel 1130, Fulcherio di Angoulême nel 1146 e Amalrico di Nesle nel 1158. Tre canonici vennero nominati Arcivescovi di Tiro: Guglielmo l'inglese nel 1128, Fulcherio di Angoulême nel 1134 - prima della sua elezione a patriarca - e Pietro di Barcellona nel 1148. Infine, nel 1168, un canonico chiamato Guerrico fu nominato arcivescovo di Petra.
Grazie alle funzioni liturgiche officiate nel Santo Sepolcro, prima chiesa del regno franco e culmine del pellegrinaggio a Gerusalemme, il capitolo ricevette numerose donazioni. Una parte di queste provenivano dall'Occidente; va notato che esse però erano solo la continuazione di un uso consolidato, giacché il clero ortodosso riceveva già numerosi doni ancor prima delle crociate, anche dopo lo scisma del 1054. Dal 1114, diversi privilegi di Baldovino I confermarono le donazioni fatte da Goffredo di Buglione. Imitando quest'ultimo, lungo tutta l'esistenza del Capitolo in Terra Santa i re di Gerusalemme continuarono a effettuarne, imitati dai sovrani europei, dai nobili e da semplici fedeli[20]. Lo stesso Patriarca di Gerusalemme faceva spesso donazioni, che potevano essere di natura finanziaria, ossia donazioni particolari o esenzioni dalle decime e dai canoni, ma principalmente erano composte di beni immobili, come case situate a Gerusalemme o campi agricoli.
Le donazioni più importanti furono di natura ecclesiastica. Oltre alla Chiesa di San Pietro a Giaffa, concessa nel 1103 da Ebremaro, i patriarchi diedero al Capitolo le chiese di Nostra Signora di Tiro, nel 1124 o 1127, della Quarantena nel 1134, o del Santo Sepolcro di San Giovanni d'Acri. Questi possedimenti vennero confermati da diverse bolle papali, come ad esempio quella di Onorio II nel 1128 che menziona sette chiese in Palestina, tre delle quali appartengono ai canonici con il villaggio che le circonda. In quest'epoca, risulta che il capitolo del Santo Sepolcro aveva già proprietà anche in Occidente, poiché nella stessa bolla di Onorio II sono elencate due chiese in Italia, dieci in Francia e quarantadue in Spagna, oltre a molte altre proprietà, dimore e ospedali. Nel XIII secolo, il capitolo possederà fino a 85 chiese in Terra Santa e in Europa, di cui le più importanti formavano dei priorati di canonici del Santo Sepolcro.

Organizzazione del Capitolo

Il Capitolo regolare del Santo Sepolcro era diretto da un superiore eletto dai canonici, che riceveva il titolo di «Priore del Santo Sepolcro». Quest'ultimo agiva in nome del Capitolo e aveva privilegi particolari. Primus di tutti gli abati e priori del patriarcato, si collocava subito dopo gli arcivescovi e i vescovi nell'ordine di precedenza del patriarcato latino di Gerusalemme. Come questi ultimi, indossava l'anello e la mitra e sostituiva il patriarca nelle funzioni liturgiche quando quest'ultimo era assente. Questo privilegio fu confermato da numerose bolle papali, pubblicate da Alessandro III nel 1168, 1170 e 1180, poi da Celestino III nel 1196. L'importanza del Priore era tale che egli poteva anche essere inviato a rappresentare il patriarca, come nel caso del terzo Concilio Lateranense nel 1179, dove il patriarca venne sostituito da Pietro, priore del Santo Sepolcro. Urbano IV gli conferì persino il titolo di «Priore della Chiesa di Gerusalemme», estendendo la sua autorità su tutte le chiese del patriarcato.
Come in ogni capitolo di canonici, i membri di quello del Santo Sepolcro condividevano diverse funzioni e uffici, chiamati «dignità». La maggior parte erano presenti fin dall'origine del Capitolo, come quelle di arcidiacono, cantore, scolario, cappellano o cameriere. Una dignità particolare era quella del tesoriere, il cui detentore era responsabile della cura della Vera Croce, che doveva portare sul campo di battaglia. Anche il "Custode della Chiave del Santo Sepolcro" godeva di dignità particolari. Dal 1151, l'arcidiacono del patriarcato cessò di essere un canonico; all'interno del capitolo, questa funzione venne sostituita da quella del Sotto-Priore.
Congregazioni di canonici si stabilirono a Giaffa, Acri, sul Monte degli Ulivi, a Betlemme, sul monte Tabor e in altri luoghi della Terra Santa e presero anch’essi il nome di Canonici del Santo Sepolcro, formando tutti una medesima congregazione la cui sede principale era a Gerusalemme.
La notorietà di Gerusalemme permise all'ordine di diffondersi in Occidente in tutti i paesi della cristianità latina. Vennero creati molti insediamenti affiliati, tutti collegati alla casa madre gerosolimitana e con la medesima liturgia.
Capitoli del Santo Sepolcro si stabilirono in Germania, Polonia, Inghilterra, Spagna e Paesi Bassi.
Dopo la perdita di Gerusalemme nel 1187, il Capitolo del Santo Sepolcro spostò la sua sede ad Acri.
I papi continuarono quindi a favorire un Ordine canonicale che acquisì una sempre maggiore importanza, moltiplicando concessioni, conferme e allargando i privilegi. Urbano IVconcesse un'esenzione nel 1262, permettendogli così di essere liberato da qualsiasi tutela, essendo solo soggetto alla Santa Sede.


Attorno al capitolo del Santo Sepolcro si radunarono anche uomini devoti in una sorta di confraternita laicale. I crociati, che rimasero in Terra Santa, misero spontaneamente le loro armi al servizio dei canonici per proteggere e difendere il Santo Sepolcro. Come altri cavalieri ingaggiati da chiese e abbazie occidentali, essi venivano chiamati “Sergentes” o “Donati”, vale a dire laici scelti tra le Milizie Crociate per il loro valore e il loro impegno i quali, condividendo lo spirito dell'Ordine, si impegnavano alla difesa del Santo Sepolcro e dei luoghi Santi sotto il comando del re di Gerusalemme e ne costituivano in certo qual modo la milizia scelta, senza pronunciare voti.
Questi cavalieri laici avevano quindi una doppia dipendenza, una dipendenza religiosa dai canonici e una dipendenza caritativa dagli Ospedalieri che li nutrivano e li mantenevano.
Prima di creare i Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone, Hugues de Payns fin dal 1115 faceva probabilmente parte dei Milites Sancti Sepulcri.
I patriarchi di Gerusalemme, serviti dai canonici, essendo tra i maggiori proprietari terrieri nel regno di Gerusalemme – più di un quarto della città santa apparteva a loro – erano tenuti a fornire un contingente armato al re di Gerusalemme. L’esistenza di questo obbligo militare, derivato da obblighi feudali, per lungo tempo fece erroneamente supporre agli storici che l’Ordine canonicale del Santo Sepolcro fosse un ordine militare , seppur ebbe quasi certamente accanto, in modo pressoché costante, numerosi cavalieri che li affiancarono nella difesa del Santo Sepolcro e della stessa Città Santa (da qui deriva appunto il primo nucleo di ciò che nei secoli sarà, dapprima sotto forma di semplice dignità equestre e successivamente come Ordine strutturato sotto la protezione della Santa Sede, l’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme ).


L'ordine canonicale del Santo Sepolcro in Europa (e declino)

L'alto rango della chiesa in favore della quale erano stati fondati, e la loro posizione nella vita politica e religiosa del regno di Gerusalemme, assicurarono ai membri del Capitolo regolare non solo una posizione onoraria assai elevata tra le istituzioni ecclesiastiche in Terra Santa, ma procurarono loro proprietà e prestigio su entrambe le sponde del Mediterraneo. Già nei primi decenni del XII secolo, ancor prima degli Ospitalieri e dei Templari, i Canonici erano presenti nella Francia meridionale e in Spagna, espandendosi gradualmente in Europa occidentale, centrale e orientale, spingendosi fino a Bisanzio e a Cipro, al punto che già alla fine del XII secolo potevano vantarsi di aver eretto monasteri in omnibus regnis.
I Canonici si stabilirono e avevano monasteri in Italia, Francia, Spagna, Polonia, Inghilterra, Croazia e Paesi Bassi.
Cipro:
Quando Saladino occupa Gerusalemme, i Canonici lasciano la Terra Santa fuggendo insieme agli altri cristiani latini. La sede dei Canonici viene spostata da Gerusalemme a San Giovanni d'Acri. Molti Canonici si stabilirono brevemente a Cipro, nell'Abbazia di Bellapais, per poi procedere verso l'Europa occidentale.
Spagna:
In Spagna, il villaggio di Torralba de Ribota apparteneva alla Chiesa madre di Calatayud dei Canonici del Santo Sepolcro, sotto la protezione di Pedro Manrique de Lara, Dei gratia comes, “Conte per la grazia di Dio". La Collegiata del Santo Sepolcro di Calatayud è stata la casa madre dell’Ordine nel Regno d’Aragona per molti secoli. È quindi un tempio emblematico della presenza dell’Ordine nella penisola iberica. Fu costruita a seguito della decisione di Papa Innocenzo III, con bolla del 19 settembre 1215, è stata proclamata basilica a seguito del conferimento del titolo da parte di Papa Francesco il 9 novembre 2020 . Molto probabilmente anche il convento di Santa Anna a Barcellona, oggi una chiesa, era originariamente una casa dei Canonici del Santo Sepolcro, sotto la guida del Patriarca di Gerusalemme.
Polonia:
Dopo la loro espulsione dalla Terra Santa, molti Canonici si stabilirono in Polonia; particolarmente attivi furono i monasteri del Santo Sepolcro di Nysa (in tedesco Neisse) e quello di Miechów, fondato nel 1163 da Jaxa de Copnic, che ricevette molti privilegi da Casimiro di Bytom, da Casimiro II il Giusto e da Przemysł II. Nel 1291, dopo la presa definitiva del Regno di Gerusalemme da parte dei musulmani, il superiore del convento di Miechów assunse il titolo di Maestro Generale dell'ordine, rivendicando in seguito il titolo di Gran Priore. Miechów divenne così il quartier generale dell'organizzazione per diversi secoli, avviando l'usanza di allestire, decorare e visitare i “sepolcri" di Cristo negli ultimi giorni della Settimana Santa. Fu a Miechów, peraltro, che venne conservata la più antica replica del Santo Sepolcro in Europa, meta di numerosi pellegrinaggi.
I Canonici furono anche attivi in Inghilterra. Secondo il Monasticon Anglicanum di William Dugdale (1655) i Canonici possedevano in Inghilterra due case, una al Priorato del Sacro Sepolcro di Thetford e l'altra a Warwick. Ulteriori indicazioni propongono il Priorato di Caldwell e il Priorato del Santo Sepolcro di Nottingham.
Croazia ed Ungheria
Il re Andrea II d'Ungheria, detto il Gerosolimitano in quanto partecipò alla V ^ crociata, usò i fondi ereditati da suo padre per reclutare sostenitori tra i signori ungheresi, stringendo un'alleanza con Leopoldo VI, duca d'Austria e complottando insieme a questi contro suo fratello Emerico. Le loro truppe unite dirottarono l'esercito reale a Mački, in Slavonia, nel dicembre del 1197. Sotto coercizione, il re Emerico concesse la Croazia e la Dalmazia ad Andrea come appannaggio. In pratica, il re Andrea, amministrò la Croazia e la Dalmazia come monarca indipendente, coniando monete, concedendo terre e confermando i privilegi. Collaborò con i Frankopan, i Babonić e altri signori locali. Il re Andrea aveva anche la prerogativa di investire i Milites Sancti Sepulcri in virtù del sub infeudazione con il Regno di Gerusalemme acquisita con la sua partecipazione alla V ^ crociata. Dopo aver sposato Beatrice II d'Este sorella di San Contardo d'Este lo nomina Miles Sancti Sepulcri. I Canonici regolari del Santo Sepolcro si stabilirono anche nella provincia croata durante il suo regno.
Italia
Costretto a lasciare la Terra Santa con la caduta di Acri nel 1291, i Canonici del Santo Sepolcro si spostarono prima a Cipro e successivamente, a partire dal 1320, a Perugia, installandosi nella chiesa di San Luca Evangelista, posta nel fondo di via dei Priori. Questa chiesa-commenda e il complesso annesso risultavano già legati ai Canonici regolari fin dal 1145 – il priore di San Luca era anche Arci-Priore dell’Ordine – così come anche le fondazioni di San Manno e Santa Croce, motivo che permette di comprendere come mai l’Ordine decise di trasferirsi nella città umbra in un periodo, tra l’altro, nel quale questa rivestiva un ruolo importante in tutto il Centro Italia. Progressivamente i Canonici riuscirono a ottenere nella città e nei suoi dintorni una serie di chiese, e lo stesso a Todi, Nocera, Città della Pieve, Chiusi e Acquapendente, acquisendo beni e possedimenti. Fino alla metà del XIV secolo, i priori provenivano da Francia, Spagna e da altre zone d’Italia, e solo successivamente vennero scelti tra le famiglie della città.
È certo che anche dopo la soppressione del 1489 i Canonici continuarono a vivere e a operare nel complesso, la cui chiesa fu completata nel 1586 dal commendatore di San Luca, il nobile veronese Giulio Bravi, quando nel ruolo di Gran Maestro degli Ospitalieri figurava il cardinale guascone fra’ Ugo Loubenx de Verdalle (1582-1595). Nell’edificio sacro era stato collocato e venerato anche un crocifisso poi trasferito nella Badia, oggi definito Castello, dei Cavalieri Ospitalieri a Magione, residenza estiva del Gran Maestro. Altra testimonianza del passaggio e della permanenza dei Canonici a Perugia è il Messale di San Giovanni d’Acri, ora al Museo capitolare della Cattedrale di San Lorenzo.

Declino

I canonici sparsi in Europa non costituirono un'unica organizzazione e non riconobbero dei leader comuni; i loro usi e costituzioni variarono difatti da luogo a luogo: in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, Germania, Polonia, Ungheria e Croazia i membri dell’Ordine si organizzarono in congregazioni monastiche sotto la guida dei prevosti e dei priori di Barletta e Messina, di Annecy e La Vinadère, di Barcellona, di Calatayud e Logroño, di Warwick e Thetford, di Denkendorf e Droysig, di Miechow, di Praga e Glogovnicka, non tenendo quasi più in considerazione l’Arcipriore di Perugia: questo atteggiamento si esplicitò anche nel fatto che progressivamente tutte le comunità si rifiutarono di pagargli le imposte che gli spettavano, atteggiamento di insubordinazione che venne ulteriormente incoraggiato dal patriarca di Gerusalemme, il quale avanzò delle pretese sulla supremazia nell'Ordine pretendendo anch'egli, come il priore, il pagamento di tributi annuali. Dalla metà del XIV secolo, si generò quindi una disputa tra l'arcipriore e il patriarca che, almeno in Europa orientale, in Polonia, Boemia e Ungheria, terminò con la vittoria del patriarca: egli, da questi territori, venne difatti riconosciuto come il vero e unico capo di tutti i monasteri collegati alla Chiesa di Gerusalemme.
Nel 1473 papa papa Sisto IV, su richiesta dell’allora arcipriore Cattaneo de Traversagni, convocò a Roma per il giorno di Pentecoste un Capitolo generale dell'Ordine, affidandone la conduzione a Giovanni Battista Cybo, cardinale di S. Balbina, futuro papa Innocenzo VIII[34]. Scopo della riunione era quello di stabilire quali case dovessero davvero parte dell'Ordine e quali tributi esse dovevano corrispondere al priore generale. I vecchi registri, a causa dei trasferimenti avvenuti nel corso del tempo, non esistevano più, e si decise quindi di fissare il census a un decimo delle entrate, riscuotendo i tributi sul luogo. L’arcipriore si recò quindi in Puglia e in Sicilia, in Francia e in Spagna, trattenendosi mesi al fine di convincere i prevosti e i priori di Barletta, di Brindisi, di Piazza Armerina e di Acquapendente, di S. Anna a Barcellona, di Denkendorf e Spira a pagare i loro tributi.
Il 28 marzo 1489, Papa Innocenzo VIII pubblicò la bolla Cum solerti meditatione, nella quale soppresse l'Ordine Canonicale incorporandolo nell'Ordine degli Ospitalieri, anche per sostenere quest’ultimo, indebolito dalla lotta contro i turchi, con i possedimenti e le entrate del primo. Mentre in Italia questa sentenza del papa venne accolta senza obiezioni né reclami, in Germania e nei Paesi Bassi, in Polonia, in Spagna e in Ungheria si sollevò la protesta contro queste misure, rafforzata ed espressa nelle esplicite richieste di un suo mantenimento in vita da parte dell'imperatore Massimiliano I e del duca Eberardo di Württemberg. L'indipendenza dei Canonici regolari del Santo Sepolcro in quelle terre venne così mantenuta e, nel 1499, confermata con una bolla di papa Alessandro VI. Questo consentì ai Canonici del Santo Sepolcro di continuare ad esistere: in Francia, si presume che esistessero fino al periodo della Rivoluzione francese nel 1789, in Polonia, dopo che il monastero di Neisse fu sciolto nel 1810, anche il monastero principale di Miechów fu sciolto nel 1819, e in Spagna sopravvissero fino al XIX secolo.

La vita quotidiana dei canonici

Il primo abito dei canonici era bianco ma, alla perdita di tutti i loro insediamenti in Oriente, presero – come segno di lutto – l’abito nero che conservarono anche in seguito.
I canonici indossavano inoltre una croce patriarcale latina (detta anche a doppia traversa), di colore scarlatto, cucita sul loro mantello.

Storiografia
Tra confusione e leggenda

A partire dal XVII secolo, sotto l'influenza delle canonichesse regolari del Santo Sepolcro stabilite in Belgio e a Parigi, diversi autori confusero l'ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e i Canonici del Santo Sepolcro, dando loro come fondatore comune Giacomo il Giusto, primo vescovo di Gerusalemme, al quale attribuirono l'istituzione di un guardiano della comunità cenobitica della tomba di Gesù, una fondazione che pongono nel 60 o 61 (Alphonse Couret nel 1905), 69 o 70 ( Zacharie Allemand nel 1815) o addirittura 96 (François Mennens, nel 1623). Altri lo sostituiscono con Giacomo il Maggiore (Nicolas Bénard, nel 1621). Così i canonici del Santo Sepolcro di Miechów reclameranno una fondazione da parte di San Giacomo. Tuttavia, questi elementi sono improbabili, perché la vita religiosa in comunità non apparve fino al IV secolo, anche se è probabile la venerazione della tomba di Cristo da parte dei primi cristiani. Questa ricerca di cosiddette "origini antiche" deve essere paragonata a quella fatta dall’Ordine dei Carmelitani, la cui tradizione ne faceva risalire l'origine al profeta Elia, prototipo e modello degli eremiti e dei contemplativi, legato al Monte Carmelo dall'episodio biblico della sfida ai profeti di Baal, ma che sorse verso la fine del XII secolo a opera di una comunità di eremiti stabilitasi in Galilea in seguito alla prima crociata.
Nella stessa epoca, Pierre d'Avity suggerisce che Sant'Elena, dopo aver costruito la basilica della Resurrezione, pose lì dei Canonici regolari dell'Ordine di Sant'Agostino assistiti da Gentiluomini del suo seguito. Questa affermazione è stata poi ripresa da diversi autori (Bénart, Allemand, e altri), ma si tratta di un anacronismo non giustificato dai testi dell'epoca. Se ci fosse davvero un clero bizantino nella basilica, ci sono poche informazioni al riguardo.
Infine, autori come Michel de Pierredon, nel 1928, vedono canonici stabiliti o sovvenzionati da Carlo Magno nei ventitré canonici annoverati nel clero del Santo Sepolcro dal Commemoratorium de casis Dei vel monasteriis. Se anche questo Imperatore effettivamente inviò elemosine in Terra Santa, il termine in questione indica però solo dei semplici chierici minori addetti alla Chiesa del Santo Sepolcro.

Santi e Beati
Beato Andrea di Antiochia (Antiochia 1268 - Annecy 1360)



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https://it.wikipedia.org/wiki/Canonici_regolari_del_Santo_Sepolcro_di_Gerusalemme
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mercoledì 3 marzo 2021

MILITES SANCTI SEPULCRI , La Milizia Gerosolimitana



MILITES SANCTI SEPULCRI
La Milizia Gerosolimitana




La Milizia del Santo Sepolcro, meglio conosciuta col nome di Cavalieri del Santo Sepolcro, viene creata nel 1099, poco dopo che la città di Gerusalemme è liberata da Goffredo di Buglione (al termine della prima crociata). Goffredo, dopo essere stato acclamato "Advocatus" (difensore) di Gerusalemme e custode del Santo Sepolcro, organizza un servizio religioso nella basilica con i Canonici Regolari appartenenti al clero crociato, alla cui guida nomina un priore. Viene creata anche una guardia d'onore di cavalieri crociati che presta servizio nella basilica facendo il voto di obbedienza congiunto al giuramento di consacrare la propria vita alla difesa del Santo Sepolcro

La storia dei Milites
Dopo la presa di Gerusalemme, avvenuta nel luglio 1099, i crociati trovarono la Chiesa del Santo Sepolcro incustodita e depredata di ogni arredo ecclesiastico, questo a causa dell'allontanamento delle comunita' cristiane che vivevano in quella zona di Gerusalemme. Fu così necessario creare un corpo di guardia per controllare la sicurezza del luogo che custodiva il Santo Sepolcro, per rendervi onori in tempo di pace attraverso le cerimonie religiose cristiane e difenderlo in tempo di guerra dagli attacchi degli infedeli islamici. La Chiesa del Sepolcro che aveva ospitato le spoglie mortali di Nostro Signore Gesù Cristo, diventava così il simbolo della vittoria del cristianesimo su tutte le altre religioni monoteiste. Il primo agosto del 1099, il clero presente in Terra Santa, elegge il nuovo Patriarca di Gerusalemme nella persona di Arnolfo Malecorne di Roeux, già cappellano del nobile Roberto di Normandia. Questi suggerì a Goffredo di Buglione l'idea di istituire anche dei canonici a cui affidare la gestione religiosa della ricostruita Chiesa del Santo Sepolcro. Per questo motivo Goffredo di Buglione, dopo essere stato acclamato"advocatus" del Santo Sepolcro, nell'ambito dell'ordinamento dato alle Istituzioni religiose militari e civili del territorio appena liberato dalla dominazione musulmana, fece sua l'idea di Arnolfo Malecorne di Roeux, Patriarca di Gerusalemme, ed istituì un Capitolo di venti Canonici, conferendo loro l'incarico di provvedere all'accoglienza dei pellegrini, alla celebrazione dei riti religiosi e alla raccolta delle elemosine, donando loro anche una rendita. Venne così costituito così l'Ordine dei Canonici Regolari del Santo Sepolcro, alla cui guida venne posto un Priore.
Le investiture
La Milizia si distingue dalle truppe crociate per il fatto che unisce il carattere militare dei suoi cavalieri con il carattere religioso dei suoi canonici. I Milites ed i Canonici vengono posti in obbedienza alla regola terzia di Sant'Agostino e al Patriarca latino di Gerusalemme, che assume il titolo di Priore generale dell'Ordine, in questo modo stabiliscono la loro organizzazione durante il regno di Baldovino I (1100-1118). Il primo gruppo di Milites viene formato e riceve l'investitura direttamente da Goffredo da Buglione. Baldovino I, che si pone a capo dell'Ordine dei Canonici del Santo Sepolcro, eredita la medesima prerogativa, per se e per i suoi successori, di creare i Milites sul Santo Sepolcro. Questa facoltà veniva poi concessa in subordine al Patriarca di Gerusalemme, in caso di assenza o impedimento del Sovrano. Anche alcuni regnati europei, che avevano partecipato alle crociate con molti uomini ricevevano il diritto di creare Milites, in in virtù della subcollazione con il Regno di Gerusalemme. Tra le molte investiture è ben nota quella di San Contardo d'Este che riceve il titolo di "Miles" dal cognato Andrea II Re di Ungheria detto il Gerosolomitano. Anche i monaci del convento del monte Sinai potevano nominare "Milites" i nobili pellegrini che visitavano il Santo Sepolcro. Tutte le investiture,ove possibile, vengono ratificate dal rito religioso celebrato nell'edicola del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Dopo la caduta del Regno (1291) alcuni nobili europei ricevono ancora l'investitura a Milites direttamente dal Patriarca di Gerusalemme durante i loro pellegrinaggi. Successivamente anche la Custodia francescana di Terra santa esegue le investiture dei Milites. Non esiste alcun documento con gli elenchi dei nomi dei primi cavalieri e dei successivi nobili che hanno ricevuto l'investitura a Milites durante il Regno di Gerusalemme. Tutto quello che è stato documentato in questo senso veniva custodito nella chiesa e si è perso a causa delle distruzioni e degli incendi subiti negli attacchi alla città di Gerusalemme. Unica traccia storica sono i molti dipinti che raffigurano i Milites che portano sul petto la trionfale croce di Goffredo.

Tracce delle investiture
Goffredo intuì la necessità di una protezione permanente del Santo Sepolcro, costantemente assediato da bande di predoni musulmani che cercavano di appropriarsi delle ricche offerte votive lì depositate. Anche molti pellegrini cristiani costituivano un pericolo, in quanto erano sempre alla ricerca di reliquie, cercavano di impossessarsi delle pietre del tempio smontando tutto il possibile. Affidò quindi la custodia del Santo Sepolcro ad un gruppo scelto di Cavalieri. La tradizione racconta che questo compito fu assegnato a cinquanta uomini . Il Torquato Tasso, nella Gerusalemme Liberata, descrive i primi Milites: “Son cinquanta guerrier, che in puro argento spiegan la trionfal Croce” , che furono distaccati dall'esercito che aveva conquistato Gerusalemme per l'intera cristianità e per dedicarsi esclusivamente a questo servizio: il primo nucleo di Milites destinato a tale scopo ebbe sin dalle origini un rapporto vincolante con l'autorità ecclesiastica. Secondo una cronaca dell'epoca, molti cavalieri si presentarono immediatamente per fare parte della milizia che doveva proteggere la chiesa del Sepolcro, e molti si presentarono anche dopo, provenienti da diversi paesi europei. Questo gruppo di Crociati, doveva fare voto di obbedienza al Priore del Santo Sepolcro e, sotto giuramento, prometteva di dedicare la proria vita a difendere la tomba di Cristo, costituendo una guardia d'onore. Con buona probabilità si fa risalire la data dell'istituzione dell'Ordine fra il 18 luglio ed il 12 agosto del 1099, cioè tra l'elezione di Goffredo di Buglione e la battaglia di Ascalona, alla quale presero parte i Milites del Santo Sepolcro (Miles Jherusalem). Da quel momento all'interno della Chiesa del Santo Sepolcro coesistevano due realtà, una religiosa, rappresentata dai Canonici ed una laica, rappresentata dai Cavalieri.

Lo statuto
Secondo la tradizione, fu lo stesso Goffredo di Buglione a redigere il primo statuto, chiamato "Assise del Santo Sepolcro", dove venne dato il nome all'Ordine e lo pose sotto la regola di S. Agostino, quindi organizzò la milizia incaricata di proteggere il Santo Sepolcro. L'Assise, approvata da un'assemblea di prelati e vescovi, stabilì che l'Ordine doveva essere condotto, per l'aspetto spirituale, dal Patriarca di Gerusalemme, mentre per l'aspetto temporale doveva essere condotto dal Re di Gerusalemme. Il Re delegava spesso le sue funzioni al Patriarca, che così diveniva per certi momenti sia il capo spirituale che quello temporale dell'Ordine. I membri dell'Ordine: canonici e cavalieri, erano obbligati a prestare i tre voti solenni di obbedienza, castità e povertà. I cavalieri crociati indossavano un mantello bianco, i Milites univano allo stesso mantello le armi del Regno di Gerusalemme, che era una croce una rossa quadrata, potenza alle estremità e cantonata con quattro crocette, mentre i canonici vestivano un abito nero e la doppia croce.

Dall'antico statuto dell'Ordine:
“Di più abbiamo preso visione e decretato di fondare l'Ordine del Santo Sepolcro della nostra città di Gerusalemme, in onore e riverenza della SS. Risurrezione e al nostro nome cristianissimo abbiamo aggiunto la dignità di Primate di detto Ordine e abbiamo voluto che dette croci rosse, in onore delle piaghe inflitte a Nostro Signore Gesù Cristo, fossero portate dai Cavalieri del detto Ordine. Molti altri ne abbiamo insignito ed essi pure contraddistinti con dette croci, affinché potessero essere riconosciuti da noi e dagli infedeli nel caso in cui fossero stati sbandati o impossibilitati a rimanere nel servizio dell'esercito”.

L'Ordine quindi accoglieva tra i propri membri non solo i Canonici Regolari (Fratres), ma anche Canonici Secolari (Confratres) e i Sergentes. A queste ultime due categorie appartenevano quei Cavalieri armati scelti tra le truppe Crociate per il loro valore e il loro impegno e che, abbracciata la regola di Sant'Agostino, si impegnavano specificamente per la difesa del Santo Sepolcro e dei luoghi Santi, sotto il comando del Re di Gerusalemme e ne costituivano la guardia scelta. Nel 1114 il Patriarca Arnolfo decretò la trasformazione del Capitolo in Ordine Canonicale Regolare, ponendolo sotto la regola agostiniana, e guidato da un Priore alle strette dipendenze del Patriarca di Gerusalemme. Dopo la creazione dell'Ordine Canonicale Regolare, i Milites Santi Sepulcri si assoggettarono spontaneamente al Priore dell'Ordine. Da questa fusione scaturì il primo Ordine Religioso-Militare.

L'organizzazione
Le funzioni dell'Ordine partono dalla distinzione tra fratelli cavalieri e fratelli preti, con i primi che si dedicavano alla guerra ed i secondi che si dedicavano alla preghiera. Riguardo ai secondi, detti anche canonici, esisteva una gerarchia composta da fratelli, confratelli e serventi, ma tutti quanti avevano il nome generico di Fratelli del Santo Sepolcro. Il livello più basso era quello dei serventi. Seguivano i confratelli onorari (pellegrini laici di diverse condizioni economiche, dai nobili ai signori del ceto medio), che ci obbligavano a partecipare solamente a determinati offici o cerimonie. C'erano anche i confratelli “clienti”, che donavano all'Ordine diversi beni o case. La milizia era composta da cavalieri professi, che vivevano stabilmente a Gerusalemme al servizio dell'Ordine e disponevano di armi e cavalli propri. Erano aiutati dai cosiddetti custodi o uomini armati, molti dei quali erano gentiluomini arrivati da diverse parti della cristianità occidentale, mentre gli altri erano nati in Palestina. Tutti erano sotto il comando del Maestro della Milizia del Santo Sepolcro, ed erano inquadrati nel piccolo esercito del Regno di Gerusalemme. Le cronache parlano di 500 custodi del Santo Sepolcro, con la missione di monitorare le mura di Gerusalemme ed accompagnare il Re di Gerusalemme come parte delle sue truppe regolari. I custodi del Santo Sepolcro erano veri uomini di armi, addestrati militarmente, che si distinguevano per il loro zelo nelle campagne militari. Erano ricompensati dall'Ordine che li nominava cavalieri e dava loro armi, mezzi e cavalli perché potessero vivere secondo la loro nuova condizione.


Goffredo di Buglione con la sua spada taglia la testa del cammello

La funzione
Secondo quanto riportato dai cronisti delle Crociate, nel 1103, fu Baldovino I (1058-1118), fratello di Goffredo di Buglione e primo Re di Gerusalemme che apparve in pubblico circondato da una guardia di Milites, conosciuti all'epoca genericamente con la denominazione di “Cavalieri del Regno Crociato”. I milites gerosolimitani ottemperavano così ad una funzione rappresentativa ed onorifica come la guardia al Sepolcro, e nello stesso tempo, sul campo combattevano strenuamente contro i saraceni fino alla perdita definitiva di Gerusalemme. All'epoca i Milites erano soldati di prima linea in difesa della fede, quindi operanti per la Chiesa, ma non ancora nella Chiesa ed è difficile stabilire a che punto della storia dell'Ordine la “collazione” pontificia sia divenuta effettiva, formalizzando il vincolo originario in un'appartenenza regolare al sistema istituzionale ecclesiastico. Benché l'Imperatore Federico II sia stato Re di Gerusalemme e avesse nel suo stemma lo stesso emblema dell'Ordine, perché simbolo del regno di Gerusalemme, i rapporti Tra l'Ordine e l'Imperatore non furono affatto buoni, perché Federico conquistò Gerusalemme da scomunicato e senza l'avallo del Papa.

I Priorati in Europa
Subito dopo la prima Crociata, il ritorno dei crociati ai propri Paesi di origine, determinò la creazione di Priorati dell'Ordine in tutta Europa. Questi Priorati operavano sotto la giurisdizione locale di quei Cavalieri, Nobili o Prelati, che avevano ricevuto l'investitura sul Santo Sepolcro e continuavano a far parte di quell'Ordine, anche se non più impegnati a servire direttamente il Re di Gerusalemme. Con il passare del tempo, il Patriarca di Gerusalemme divenne un importante signore feudale e, come tale, esercitava ampie funzioni all'interno del Regno Latino di Gerusalemme. Le sue numerose responsabilità spesso lo portavano lontano dal Capitolo dei Canonici, ai quali delegò ampi poteri, soprattutto spirituali, che lo obbligarono ad adottare il nome di Priore Generale, per differenziarsi dai Priori locali che erano stati istituiti nelle diverse affiliazioni europee. A partire dalla metà del XII secolo, il Priore Generale, unito al Capitolo di Gerusalemme, aveva il controllo di queste affiliazioni. Per quanto riguarda il governo dell'Ordine, vari testi sembrano indicare che le funzioni di Priore Generale lo impegnavano negli affari interni e nell'organizzazione dell'istituzione, mentre il Patriarca di Gerusalemme si occupava delle relazioni con il Re di Gerusalemme e con i sovrani di altri regni. Il Priore Generale aveva il potere di nominare i diversi Priori locali. Sorsero importanti Priorati nel Sacro Romano Impero, in Francia, in Polonia e nella penisola iberica. In ciascuna delle nazioni europee le istituzioni dell'Ordine si differivano tra Priorati e Commende. Di solito le prime erano governate da un Priore (canonico), mentre le seconde erano governate da un Commendatore (cavaliere o canonico) e rappresentavano una parte importante per il sostentamento economico dell'Ordine. C'erano quindi fratelli-preti e fratelli-cavalieri. Il controllo delle affiliazioni europee, inizialmente effettuato dal Priore Generale, venne riorganizzato mediante il cosiddetto “organigramma della cella”. Con questo sistema, il Priore Generale delegava ad un Vicario Generale che solitamente coincideva con la persona del Priore locale che, nel caso che veniva nominato anche canonico gerosolimitano, aveva il diritto teorico di partecipare all'elezione del Patriarca di Gerusalemme. Tuttavia, anche se nel XIII e XIV secolo l'Ordine celebrò dei Capitoli regionali, così come facevano altri Ordini militari, l'Ordine era più come una congregazione benedettina del primo millennio che come un Ordine monastico-militare del XII secolo. Nel XII secolo la milizia si era esteso per tutta la cristianità, così come l'Abbazia di Cluny si era diffusa in tutta Europa, con priorato, commende chiese, cappelle e ospedali. I regni ispanici furono tra i primi ad ospitare sul loro territorio i milites. Lo storico Modesto Lafuente parla della milizia del Santo Sepolcro nella penisola iberica, che servì da esempio per riorganizzare e promuovere gli Ordini cavallereschi ispanici. Nel 1128 Alfonso I d'Aragona istituì a Monreal una milizia di Cristo come una confraternita di clericali e cavalieri, sulla base della milizia . Nel 1131, il monarca aragonese dettò il suo testamento a favore dei Milites e degli Ospitalieri, dando loro il dominio su tutte le terre del suo regno e sugli uomini che vi abitavano. Sembra che questi Ordini militari non mostrarono alcun desiderio di far rispettare la volontà del testamento. Tuttavia sappiamo che, almeno nel caso dell'Ordine, vennero stabilite case e fondazioni nelle città di Huesca, Saragozza, Calatayud, Daroca, Jaca, così come in altre città dove si combattevano i musulmani. Nel regno di Aragona, l'Ordine aveva tre Priorati: la Calatayud, Saragozza, Santa Ana a Barcellona e Santa Cristina di Somport. Aveva anche castelli, recinti fortificati, case, terreni, ospedali, chiese e conventi.

Le battaglie dei Milites
Battaglia Milites (Hattin) L'Ordine del Santo Sepolcro si caratterizzò sin dall'inizio dall'unione del carattere militare dei suoi cavalieri con il carattere religioso dei suoi canonici. Goffredo di Buglione, e poi suo fratello e successore Baldovino I di Boulogne, riconobbero l'importanza della sua missione ed i suoi membri inizialmente formarono una unità compatta e organizzata di cinquanta cavalieri. Questo unità, in aggiunta alla guardia presso la Chiesa del Santo Sepolcro, partecipò, come avanguardia delle truppe del Regno di Gerusalemme, a diverse battaglie. Secondo le cronache, il primo combattimento in cui le milizie dell'Ordine intervennero, fu la battaglia di Ascalona, dove gli infedeli vennero sconfitti da Goffredo di Buglione il 12 agosto 1099. In quella battaglia, Arnolfo, arcidiacono e tesoriere della Chiesa del Santo Sepolcro e poi patriarca di Gerusalemme, portava la “Vera Croce” protetto da una scorta di valorosi Milites. Nel 1101 i Milites accompagnarono il Re Baldovino I di Gerusalemme nell'assalto a Cesarea. Negli anni 1104 e 1105, le milizie si distinsero nella presa di Tolemaide e di Ramallah, con l'intervento di 150 cavalieri e alcuni canonici. Successivamente le milizie del Santo Sepolcro parteciparono alla presa di Beirut e, l'anno successivo, alla presa di Sidone. nell'anno in cui iniziò il regno di Baldovino II (1118-1131), questo monarca, accompagnato da 216 Milites e da 4.000 uomini d'arme, intraprese una spedizione contro il Sultano d'Egitto, che si concluse in un fallimento. Le milizie continuarono a partecipare a diverse operazioni militari intraprese dai successivi Re di Gerusalemme per difendere il regno, tra le quali possiamo indicare la presa di Edessa (1145), la difesa della città di Bostra (1146), la presa di Ascalona (1150) e la sconfitta di Saladino nella battaglia di Tirvelet (1182). Il futuro del Regno di Gerusalemme era comunque sempre più problematico a causa della debolezza di alcuni dei loro monarchi. Il Re Guido di Lusignano fu sconfitto e fatto prigioniero il 4 Luglio 1187 nella disastrosa battaglia del Corni di Hattin, dove i Milites parteciparono come custodi della “Vera Croce”, che veniva portata dal Priore del Santo Sepolcro e perirono in sua difesa. Questa battaglia fu l'inizio della fine, annientando l'esercito reale, mentre il patriarca di Gerusalemme non fu in grado di difendere la città con il piccolo numero di gentiluomini disponibili, così che Gerusalemme venne occupata da Saladino il 2 ottobre 1187. La caduta della Città Santa fu determinante per il Regno Latino di Gerusalemme e per i Milites. In mancanza di un sistema di fortezze, come quelle che avevano i Templari e gli Ospitalieri, i Milites si dispersero e la potenza dell'Ordine cadde inesorabilmente. Alcuni di loro si rifugiarono a San Giovanni d'Acri e vi rimasero per un secolo e, infine, parteciparono alla difesa della città fino al 18 maggio 1291, quando la città fu presa dal Sultano Al-Ashraf Khalil.

La fine della Milizia
Dopo la riconquista di Gerusalemme da parte del sultano Saladino nel 1187 e poi definitivamente dopo la disfatta di San Giovanni d'Acri nel 1291, ebbe inizio il lento declino degli Ordini militari di Terrasanta. I Milites superstiti rientrarono nei loro Priorati in Europa sotto la protezione di Sovrani, Principi, Vescovi e della Santa Sede, mantenendo vivi i loro ideali della cavalleria crociata quali la propagazione della fede e della carità verso il prossimo. Solo un piccolo numero di Canonici Regolari e di Milites rimasero ad Acri a controllare il territorio della Palestina, tra questi si ricorda Andrea di Antiochia che venne nominato custode della chiave del Santo Sepolcro. In Europa l'Ordine del Santo Sepolcro si sviluppò ulteriormente e, benché la sua missione istituzionale fosse terminata, aveva assunto altrettanti doveri caritatevoli e di propagazione della Fede, restando sempre fedele alla Chiesa: tali impegni dell'Ordine furono oggetto nei secoli successivi di ripetuti e prestigiosi riconoscimenti di Pontefici e Sovrani. In Italia la presenza dell'Ordine aumentò dopo la perdita di San Giovanni d'Acri, quando i cavalieri del Santo Sepolcro lasciarono la Terra Santa e seguirono il Priore Generale, che si era trasferito nella città di Perugia, dove prese il nome di Maestro Generale. In Francia, Luigi VII considerando i vantaggi per la corona nello stabilire l'Ordine del Santo Sepolcro, fondò una confraternita la quale redasse un'Assise simile a quella che aveva l'Ordine, che Luigi IX convertì nel 1254 nella Confraternita Reale del Santo Sepolcro con lo scopo di mantenere la devozione verso i luoghi santi e regolarizzare il pellegrinaggio francese in Terra Santa. Nel 1336, Filippo di Valois fondò a Gerusalemme un convento francescano, il cui custode aveva il potere di conferire l'Ordine del Santo Sepolcro, assistito da un Miles che i Re di Francia mantenevano nella città santa per questo scopo. In Polonia ci fu una delle principali filiali europee a partire dal 1162, quando il Conte di Miechow fondò un convento che era a capo di un gran priorato che estendeva la propria giurisdizione sulle terre di Polonia, Slesia, Moravia e Boemia. Nel 1341 Alfonso I, Re di Aragona e Navarra, affidò un terzo del regno di Spagna all'Ordine che ne assunse così la sovranità. I Milites avevano il diritto di grazia per i condannati a morte, ed erano esonerati dal pagamento di ogni tassa e tributo, sia al Re, che alla Chiesa, e nelle cerimonie avevano la precedenza su tutti gli altri Ordini cavallereschi, prerogative solitamente riservate alle famiglie regnanti ed ai grandi feudatari. Inoltre in molti paesi d'Europa l'Ordine godeva del privilegio di battere moneta con il proprio stemma. Raramente i Milites parteciparono ancora ad eventi militari a difesa della cristianità, ad eccezione di quanto avvenne in Spagna. Il potere decisionale della Chiesa sulle questioni dell'Ordine acquistò un particolare peso il 28 marzo 1489, quando Papa Innocenzo VIII, visto che l'Ordine aveva perso il suo antico splendore, decise di integrare l'Ordine, con tutti i suoi averi, agli Ospitalieri di San Giovanni di Rodi, promulgando la bolla “Cum Solerti Meditazione”. Questa misura provocò la protesta dei re di Spagna, Francia e Polonia, che decisero di non obbedire. Sette anni più tardi, cioè nel 1496, papa Alessandro VI, tornò sulla decisione precedente e annullò la bolla “Cum Solerti Meditazione”, annettendo l'Ordine alla Santa Sede, e confermando il suo duplice carattere di Ordine Militare e Pontificio, con un nuovo nome (Ordine militare del Santo Sepolcro di Gerusalemme). Da qui in avanti è tutta un'altra storia.

Bibliografia:
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T. Tasso: La Gerusalemme Liberata, 1581
G. Bascapè, Gli ordini cavallereschi in Italia, Milano, 1972.
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F. Cuomo, Gli ordini cavallereschi, Roma, 1995.
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Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Milites_Sancti_Sepulcri 
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